Monday, August 31, 2009

September gurls

Non ho ancora fatto in tempo ad appoggiare le valigie in casa che da qualche parte si accende Mtv e parte il singolo del nuovo imminente album dei Pearl Jam. Oddio, The Fixer è di una bruttezza imbarazzante e il video che guardo di sbilenco mentre accumulo valigie su valigie è ridicolo. Si preannuncia un ennesimo grande disco inutile, quello di Vedder & soci, al pari di quello dei Black Crowes del cui singolo altrettanto orribile avevo dato qualche anteprima già a luglio (okkei, poi magari si tratta solo di due canzoni cessose in due dischi di alto livello, ma insomma credo valga ancora oggi la politica che il singolo 'annuncia-album' sia il pezzo migliore del disco in questione... o no?).

Intanto l'unica band nata dopo il 1979 che apprezzavo, specie in concerto, si è sciolta. Non so bene cosa sia successo, è successo altre volte, io comunque sto con Liam, che mi piace molto di più del noiosissimo fratellino, anche se è Noel che ha scritto tutte le grandi canzoni del gruppo inglese. Vabbè, avevano comunque detto che quello che dovevano fare a Milano ieri sera sarebbe stato il loro ultimo concerto per i prossimi cinque anni. Vuoi vedere che nel 2014 ci sarà la reunion degli Oasis? Comunque onore a un gruppo che fa suo il motto del better to burn than to fade away: di inutili gruppi rock è già pieno il mondo.

Mentre disfo valigie penso che non ho granché da aspettarmi per settembre, uno dei mesi che amo di più. A parte ovviamente le ristampe dei dischi dei Beatles (godo). Allora vale la pena consolarsi con una delle più belle canzoni settembrine di sempre, quando ancora esistevano grandi gruppi rock. Onore & amore ai Big Star:

Wednesday, August 19, 2009

Safe in heaven, dead

"Dottor Vites?". E' mezzanotte, il telefono sta squillando a casa mia mentre io e mia moglie, freschi sposini, ci dedichiamo agli obblighi matrimoniali. La voce dall'altra capo del filo è una voce stanca, ma calda. "Dottor Vites?": nessuno mi ha mai chiamato - né mi chiamerà - mai così. "Sono Nanda, Nanda Pivano. Ho ricevuto la sua rivista. Eh Bobby... Non l'avrò mica disturbata vero nonostante l'ora? Sa io a quest'ora comincio a lavorare. Ma lei cosa vuole da me?". Sarà l'ora, mezzanotte, sarà l'impegno a cui mi stavo dedicando, sarà che non ricordavo neanche più di aver spedito una copia della mia fanzine dedicata a Bob Dylan anche a lei, a Fernanda Pivano. Sarà che non mi sarei mai aspettato che lei mi avrebbe veramente telefonato. Che cosa voglio da lei? Ma veramente nulla. E' già abbastanza sapere che lei ha sfogliato quel giornaletto. "Vuole che la faccia scrivere sul Corriere della Sera? Tutti mi cercano perché vogliono qualcosa in cambio da me... Lei Dottor Vites è il primo che non mi chiede nulla".

Forse perché non le ho mai chiesto nulla che quella notte nacque un'amicizia semplice e bella. Erano tempi, inizio anni 90, che della Nanda si erano dimenticati tutti. Non era ancora scattato quel meccanismo di sponsorizzazione che avrebbe accompagnato i suoi ultimi anni, quando personaggi che non avevano mai avuto nulla a che fare con lei e con il suo mondo facevano a gara per averla sul palco o sui loro libri. Lei era davvero sola in quei giorni, e malata. Andavo nella sua casa in via Senato a Milano, rigorosamente dopo le 8 di sera, una casa grande e buia, piena di pile di libri disordinati ovunque, anche sulle seggiole. Non sapevi mai dove sederti. Una infermiera se ne andava e lei compariva, piegata sul suo bastone. Piangeva, tanto. Nessuno mi cerca più. Mi lasciava frugare nei suoi armadi, tra i libri. Roba da far paura: gli originali del San Francisco Chronicle, libri con dediche di Hemingway. Mi permetteva di prendere quello che volevo, per fotocopiarmeli. Il romanzo autografo mai finito di Neal Cassady. Fossi stato lo stronzo che non sono mai riuscito ad essere avrei potuto sparire con quel ben di dio, farci dei soldi e magari anche una carriera.
Dopo andavamo a cena in Corso Venezia, un bel ristorante dove era accolta come una principessa. E finalmente la Nanda sorrideva. Prendeva sempre a fine cena una spremuta di mandarino. Non ci avevo mai pensato. Adesso bevo sempre anche io spremuta di mandarino.
L'ultima volta che ci siamo visti è stato tre o - credo - quattro anni fa. Eric Andersen era venuto a Milano a suonare a una presentazione di una nostra rivista. Aveva insistito perché andassimo a trovarla. "Eric non la sento da tempo, so che è molto malata". Alla fine andammo, aveva cambiato abitazione, una coppia di ragazzi molto zen si prendevano cura di lei. Parlammo, ci salutammo, ci tenemmo la mano. I suoi grandi occhi sorridevano come sempre quando c'era uno dei suoi "amici americani".

Ieri sera ho chiamato l'amico Jacksie per dirgli che la Nanda se n'era andata. C'era anche lui quell'ultima volta con me ed Eric. Mi ha detto che qualche giorno fa se n'è andato anche Francesco, era il chitarrista di Eric Andersen quando il cantautore si esibiva in Italia. L'avevo conosciuto due anni fa a un loro concerto a Bergamo. Si vedevano i segni della malattia, ma lui diceva di sentirsi bene. Invece è andato anche lui, in questo agosto che farà pure un caldo torrido e bastardo, ma dentro di me sento freddo, con tutti questi amici che se ne vanno. "Care stelle", come ha detto la mia amica Clara.

Fossi stato bastardo nella mia vita oggi avrei una carriera. Invece sono sempre il solito sfigato, ma va bene così. Non ho una carriera, ma da ieri sera, ne sono certo, in questo grande meraviglioso cielo blu di agosto c'è una stella in più, e credo anche che, "al sicuro, in cielo" - safe in heaven dead come deciva il suo grande amico Jack Kerouac - ho una preghiera in più assicurata per la mia anima di peccatore.

Nessuno mi aveva chiamato Dottor Vites. Nessuno, adesso, lo farà più.

Monday, August 10, 2009

Last radio is playin'

Perché il film I love rock radio è così bello? Solo perché la storia che racconta è bella anch'essa? Non solo. Provate ad ambientare una storia come quella in una radio di oggi e quel film sarebbe una schifezza. E' un grande film, il miglior film rock insieme ad Almost Famous, che possiate vedere perché è pieno di grande musica. D'altro canto era il 1966 e 1967. Pensate alle schifezze che passano le radio di oggigiorno e capirete che una storia come quella poteva accadere solo allora. "E' meglio avere dei quasi amici che non avere amici per niente", come dice uno dei dj mentre la nave pirata sta facendo naufragio. Come Almost Famous, in fondo alla musica rock ci sono degli amici. Altrimenti non regge. "Rock'n'roll" allora, battendoci il petto come i magnifici protagonisti del film nella sua ultima scena.
Rock'n'roll è quella cosa a cui ha dedicato la sua vita un grande uomo morto improvvisamente pochi giorni fa. Agosto, come nel 1995 quando un amico mi disse che era morto Jerry Garcia. Qua, on the beach, dove non ho contatti con il mondo 'reale', ancora una volta è stato lui a darmi la triste notizia: è morto Willy De Ville. E mi dispiace, cazzo se mi dispiace. Lo amavo, da morire. Non ci sono più uomini come lui oggigiorno che alla musica sacrificano la propria vita. Oggi i musicisti sono come impiegati che timbrano il cartellino. Fingono di essere musicisti, ma il loro bluff è facile da vedere, perché nel cuore non hanno niente. Willy lo avevo intervistato poco tempo fa, http://gamblin--ramblin.blogspot.com/2008/01/this-must-be-night.html. Sono stato fortunato a beccarlo un'ultima volta, senza sapere che sarebbe stata l'ultima volta.

Dove sono quelle cazzo di sigarette, adesso, Willy?

Monday, August 03, 2009

Guida all'ascolto


1. La musica si ascolta rigorosamente da soli. E' il comunicarsi di una esperienza del cuore al cuore di un'altra esperienza. Altrimenti c'è sempre quello/a che salta fuori, "ma stasera poi ci facciamo 'na birra o anche sei?". No, non va bene, non si spezza il flusso comunicativo. Il moto dei pianeti potrebbe rovesciarsi.

2. La musica si ascolta alta, ma ognuno ha il suo volume adeguato.
E' la voce di chi canta, quella che deve uscire con potenza. Nulla come una voce che canta spalanca il cuore. Per cui ci si adegua alla voce del cantante.

3. La musica non si ascolta da ubriachi o da "stupefatti". Magari va bene farlo a un concerto, o se si ascolta Ragged Glory di Neil Young. La musica deve ubriacare il cuore e basta. Se ubriacate il cervello, al cuore arriva poco o niente. Non si ascolta musica per andare fuori, ma per entrare dentro.

4. La musica non si deve ascoltare in cuffia. Cioè, certe volte è piacevole, ma la musica è un'onda d'urto che ti butta giù sul divano, ti sommerge ti ferisce ti lava ti strapazza ti impedisce di muovere dito. Anche di respirare, ma non per più di 30 secondi. Non va iniettata nel cervello attraverso le orecchie. Sempre che i vicini di casa non rompano le palle, ovvio. La musica va lasciata respirare, e tu con essa.

5. La musica si ascolta in macchina solo se ci si trova su strade semideserte, non c'è traffico, non ci sono semafori, rotonde e precedenza assortite che interrompano l'ascolto. E coglioni che cercano di superarti sulla destra. In macchina il volume deve essere alto, davvero alto. Non si deve sentire null'altro che la musica, ricordandosi ogni tanto di guardare nello specchietto retrovisore se è spuntata un'ambulanza o - peggio - una macchina della polizia. E' vietato ascoltare musica quando si guida in città. Il risultato è una schifezza snervante.

6. Un disco va ascoltato per intero, dalla prima all'ultima canzone. Se non ci si riesce, vuol dire che quel disco non valeva la pena.

7. Va bene però, a volte, ascoltare la stessa canzone e solo quella in rotazione anche per una settimana anche per un mese intero. Certe canzoni creano dipendenza e l'uomo, di natura, è un essere dipendente.

8. Se hai il cuore spezzato, ascolta solo canzoni tristi. Ascoltare brani gioiosi per cercare di affogare la tristezza è cercare di evadere dalla realtà. La musica è il reale che si esprime. (Naturalmente, tutte le grandi canzoni sono canzoni tristi. Anche Satisfaction degli Stones).
9. Viceversa, mettere su un disco triste mentre hai voglia di far casino, ballare o semplicemente vivere vibrazioni ottimiste, è semplicemente da pirla. (Naturalmente, tutte le grandi canzoni sono ottimiste. Finché sanno esprimere la promessa, altrimenti meglio cliccare turn off).

10. Ascoltare musica non interrompe la vita. La conduce piuttosto verso il suo bisogno ultimo. Chi ascolta musica di continuo è un tipo strano. E' uno a cui non basta niente. E' uno che ha il cuore ferito e desidera che esso sanguini per sempre.

Sangue nei solchi del cuore

“Bob Dylan è in città, c’è bisogno di catturare qualcosa di magico”. La “città” è ovviamente New York, al telefono John Hammond, il più gran...

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